… ti sei persa la terza puntata? Leggila qui!
E ora sei pronta per scoprire il resto!
7° giorno
“Ma che cosa ci fai qui? Cosa vuoi?”
Sembro una gallina isterica: tipico italian style nel cuore di New York.
Marito: “Posso entrare in casa un attimo a parlarti o è vietato?”
Stefano: “Se dipendesse da me, potresti anche andare dentro un tombino a parlare di non so cosa. Ma visto che ci tengo a Sofia, ti faccio strada.”
Una volta arrivati a casa, Stefano si siede sul divano e comincia a tamburellare le dita sul ginocchio, come per sfida o come per un duello di sangue.
Io: “Dimmi Michele, come mai tanti chilometri?”
Michele: “Ma ti sembra normale? Sparisci nel nulla e mi fai recapitare le carte del divorzio direttamente a casa? No ma dico, ti sei bevuta il cervello? Lo sai quanto sono stato male? In pensiero? No ma lo sai?”
Io: “No, non lo so e nemmeno mi interessa. Le carte puoi benissimo firmarle in Italia. Qui non ci fai nulla.”
Michele: “Adesso finiscila. Sapevo dove trovarti. Appena succede qualche cavolata, scappi dal tuo Stefano.”
Stefano (sottovoce): “Sì certo, perché scivolare sotto le gonne di tutte è una cavolata…”
Michele: “Adesso prepari la valigia e torni a casa!”
Io: “Scusa? Michele, apri bene quelle orecchie: io resto qui. Ho un lavoro, ho il mio migliore amico e sto rinascendo. Forse la ventenne ha scoperto che sei stupido?”
Michele: “Adesso vado in albergo, ne parliamo domani mattina. Cerca di rinsavire.”
Stefano: “Non la ascolti mai, eh? Hai sentito cos’ha detto? Vuole stare qui!”
Michele ed il suo egoismo ottuso si alzano e vanno in albergo insieme. Io resto seduta sul divano, mentre Stefano mi versa del vino bianco in un bicchiere.
Stefano: “Principessa Sofia, lascialo perdere. È un povero pavone senza ruota. Un uomo piccolo ed inutile. Tu resti qui. Ora a dormire!”
Trascorro la notte completamente in bianco. Michele era mio marito e, seppur traditore seriale, i dubbi mi stanno soffocando.
8° giorno
Io e Stefano siamo pronti ad uscire per andare a lavoro. Una volta usciti di casa, la faccia di Stefano diventa nuovamente pallida: “Principessa Sofia, questo sì che è un casino.”
Da una parte Marco, fuori dalla sua macchina che mi ha fatto una sorpresa, e dall’altra parte mio marito, con la busta dei documenti in mano, che mi attende con aria maligna.
Io: “Michele ci vediamo stasera magari. Adesso devo andare a lavoro.”
Marco: “Chi è quell’uomo? Spero vivamente uno degli amanti di Stefano!”
Stefano: “Con tutto il rispetto Chef: il giorno che Michele diventa gay, io divento etero. Ci siamo capiti?”
Io: “È il mio ex marito ed è arrivato ieri senza avvertire. È convinto che tornerò in Italia con lui… Povero fesso.”
In quel momento Marco diventa serio ed ombroso.
“Sofia, prenditi la giornata libera e sistema la situazione. Voglio che quell’uomo sparisca da New York il prima possibile.”
Io: “Posso venire tranquillamente a lavoro, non ho bisogno di stare con lui.”
Marco: “Ho detto di prenderti un giorno di riposo.”
Lo sguardo di Marco è gelido. Sale in macchina senza guardarmi e va via, in un attimo.
Stefano mi bacia: “Principessa Sofia, vado a lavoro. Manda quell’invertebrato a casa sua!”
Sono a New York ed in quest’esatto momento sono completamente sola, davanti ad un uomo che mi ha fatto credere alle illusioni del matrimonio per tanti anni.
Michele: “Mi porti a fare una colazione normale, Sofia? Così parliamo.”
Io: “Non ho nulla da dirti. In una settimana la mia vita è cambiata e in Italia, con te, non torno.”
Michele: “Non mi costringere a denunciarti per abbandono del tetto coniugale.”
Io: “Fallo. Prima di partire ho fatto gli screenshot di tutti i tuoi messaggini che lasciano poco all’immaginazione. Vuoi la guerra? Sono pronta a vincerla.”
Michele: “New York ti rende guerriera, eh? Peccato che tu non sia a Wall Street e non abbia un attico a Central Park. Sei una poveretta… Così com’eri in Italia. Senza di me sei zero.”
Io: “ Vattene Michele. Prendi un aereo e sparisci. Firma quelle carte. Qui il poverino sei tu. Sei venuto fino negli States ad elemosinare il mio ritorno. Patetico.”
Michele: “Hai puntato subito al titolare, eh? Ti ho sottovalutata, forse.”
Non rispondo. Appena mi giro per andare via, trovo Marco davanti a me: sempre più glaciale.
Io: “Marco, non è un buon momento.”
Marco: “Non sono venuto per te. Ma per lui.”
Continua… Scopri subito la quinta puntata!