Un’italiana a New York (puntata 3)

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E ora sei pronta per scoprire il resto!

 

6° giorno

Nonostante la discussione con Stefano ed una notte completamente insonne, decido di farmi carina per l’appuntamento a pranzo. Dopo quindici anni di matrimonio, uscire con un uomo “nuovo”, mesi addietro mi sarebbe sembrata una pazzia.

Invece eccomi qui a mettermi creme, pettinarmi, truccarmi, vestirmi carina con tacco ma non troppo, scegliendo il giusto orecchino ed il giusto cappotto.

Marco, puntuale come uno svizzero, mi attende sotto casa con la sua auto lucidissima e pulitissima. Salgo in auto, sorrido e saluto. Noto un Marco molto affascinante e gentile: lo Chef intransigente ed antipatico è rimasto a casa.

Il ristorante, vicino alla sesta strada al 45° piano è di un amico francese trasferitosi nella Grande Mela insieme a lui dieci anni fa. Dopo le varie presentazioni, ci viene dato un tavolo con vista mozzafiato.

Oggi New York è un misto tra sole ed aria fresca di primavera, con colori romantici e profumo di vaniglia.

Marco: “Sofia, oggi sei più bella che mai. Grazie per aver accettato l’invito. Mi è sembrato corretto… Dobbiamo conoscerci meglio. Provo qualcosa per te ed essere il tuo capo non mi basta.

Io: “Non so sia giusto. Sia per una questione etica che per una questione…” Non finisco la frase. Mi bacia nuovamente. Sono in apnea e non so cosa sto facendo.

Marco: “Il destino Sofia ti ha portato a New York da me. Vorrei poter trovare quel ragazzo indiano ed abbracciarlo!

Io: “Non corriamo Marco. Non corriamo e cerchiamo di capire che cosa ci stia succedendo, per favore.

Marco: “ Siamo due cuori infranti a New York. I nostri cuori completamente distrutti si sono trovati e si stanno ricomponendo. Pezzetto per pezzetto.

Io: “Anche a te hanno spezzato il cuore?

Marco: “Sofia, poche persone sanno cosa mi sia successo. Non amo raccontare la mia storia, ma con te è diverso, sento che posso aprirmi. Ero sposato, proprio come te: eravamo felici nella nostra casetta toscana. Mia moglie un giorno si è sentita male… Ed il destino me l’ha portata via in due mesi.

Solo due mesi per rendermi conto che avevo perso tutto.

Dopo la sua morte, sono partito per New York e, insieme al mio amico Jean, ho aperto il ristorante, fino a quando lui non ha deciso di mettersi in proprio… E direi che ha fatto proprio un bel lavoro, no?

Io: “Mi dispiace, non so cosa dire e nemmeno come dirlo. Davanti ad una tragedia simile, le parole sono inutili.”

Marco: “Ora lo sai. Ora sai perché sono così freddo e distaccato. Ma tu hai fatto battere nuovamente quel frammento di cuore rimasto.”

Sofia: “Un brindisi ai noi ed ai nostri due cuori in New York.

Un pranzo sincero e romantico, anche se ho paura di essere abbandonata di nuovo; ho paura di lasciarmi andare e di perdere il controllo di me stessa. Devo andarci cauta e con i piedi di piombo. Marco, invece di accompagnarmi a casa, decide di deviare per Park Avenue per farmi vedere casa sua e la vista su Manhattan: “Ti offro un caffè italiano e ti faccio vedere la mia fredda casa.

Io: “Sì grazie, mi manca il profumo del caffè italiano!”

Una costosissima casa al 35° piano, con un terrazzo che non lascia nulla all’immaginazione: da lì fuori ti senti il padrone di Manhattan. In questa casa non c’è nulla di familiare e caldo, non c’è amore e non c’è fantasia: è tutto bello, pulito e dannatamente costoso. Ma dov’è finito l’amore?

Marco: “Ecco il nostro caffè italiano… Che sia il primo di molti.

Sofia: “Due cuori a New York ed un espresso.

italiana a new york

Una volta tornata a casa, trovo Stefano seduto sul divano ad aspettarmi. Io: “Odio gli asparagi… Ma più degli asparagi odio litigare con te, sorellina.

Stefano: “Io odio la torta di mele, ma ancora di più litigare con te, Principessa.

Io: “Lo so che sei preoccupato e che non vuoi io mi faccia coinvolgere. Ma lasciami provare. Prometto che non verrò a piangere sulla tua spalla.

Stefano: “Le mie spalle sono state create per far appoggiare te… E anche qualche bel maschione all’occorrenza.

È tornato il mio Stefano e si respira nuovamente un’aria di felicità.

Stefano: “Ti porto a cena ed offro io. Sei da una settimana a New York e ti stai già comportando come una New York City Girl!

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7° giorno

Abbiamo dormito solo due ore, visto che – presi dall’euforia – abbiamo passato la notte a Times Square, assaggiando ogni liquore in vendita ed offerto. Cercando di darci una sistemata, andiamo a fare colazione nel solito posto e raggiungiamo Little Italy in perfetto orario.

Una volta entrati al ristorante, il mio cuore è come soffocato: non sento le gambe e ho paura di fare, dire, agire in maniera sbagliata.

Una volta preparata la sala, prima dell’apertura, Chef Marco mi chiede di raggiungerlo in cucina: “Sofia, sul lavoro dovrò far finta di non essere interessato a te. Non sarà facile ma sarò ancora più severo del normale.

Io: “Mi sembra giusto. Siamo sul lavoro e poi non siamo nulla io e te… Quindi inutile far credere o crederci noi. Sì, insomma, hai capito.

Marco: “Ho capito… Che questa cosa interessa solo a me. Ecco cos’ho capito

Io: “No, no… Come al solito, non riesco a spiegarmi e faccio danni. Marco, insomma… Ho paura.

Marco: “Io no. Quindi lasciati guidare da me e smettila di fare Fantozzi.

Che meraviglia. La simpatia di Marco è quasi travolgente. Sono un misto tra l’adorazione e l’odio più violento verso quest’uomo.

Una volta tornati a casa, io mi abbandono in una doccia rilassante, mentre Stefano in una telefonata un po’ hot (cara Samantha di Sex and the city…in confronto sei una dilettante)!

Stefano: “Principessa Sofia, io esco! Ho un meeting internazionale! Ci vediamo direttamente al ristorante.

Io: “Ergo?

Stefano: “Mi vedo con Jean Paul… È mezzo australiano e mezzo francese… Non puoi capire che fisico e…

Io: “Ok, Stefano grazie… Immagino e ne sono felice… Cerca di non rimanere incinta, eh?

La casa tutta per me… Ed improvvisamente una sensazione di smarrimento mi pervade.

Mi affaccio al finestrone e davanti a me il ponte di Brooklyn: sono nella Grande Mela. Fino ad una settimana fa ero in Italia, a piangere e scoprire i messaggi poco fantasiosi e facilmente interpretabili di mio marito.

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Essendomi addormentata insieme alla mia ansia, sono in ritardo per il servizio serale. Scendo di fretta le scale e trovo Marco fuori casa, ad aspettarmi.

Io: “Cosa ci fai qui? Se sono in ritardo io, figuriamoci tu…””

Marco: “Io posso fare quello che voglio, sono il capo. E tu dipendi da me, quindi sali in macchina.

Io: “Se arriviamo insieme al ristorante, tutti si chiederanno il motivo…

Marco: “Ma non avranno il coraggio di chiedermelo per paura di essere licenziati.

Marco non va direttamente a Little Italy, ma prosegue per la 6th Avenue, fermandosi davanti al Radio City Music Hall. Ferma la macchina e mi bacia. Non chiedo il perché e non cerco di capirlo. Rimette in moto la macchina ed andiamo al ristorante.

Prima di cominciare il servizio, a bassa voce gli chiedo “Me lo dirai mai il perché di questo gesto?”. Lui sorride, indossa la maschera da antipatico e apre Hell’s Kitchen al pubblico.

Finito di lavorare, io e Stefano torniamo a casa, decidendo di non darci al coma etilico.

Una volta arrivati, vedo Stefano diventare quasi pallido: “Principessa Sofia, questa cosa non ti piacerà.

Io: “Ma cosa? Cosa hai visto, un fantasma?

Stefano: “No, peggio. Tuo marito.

Mio marito è lì, sotto casa di Stefano, seduto su un gradino che aspetta me.

Presa da un attimo di panico, chiedo a Stefano di non fermarsi e portarmi in hotel.

Stefano: “Principessa Sofia, ultimamente non ragioni con il cervello. Quello ti cercherà ovunque, anche nel Queens se sarà necessario. Ora fai la persona adulta e così come sei scappata, scendi da quest’auto e affronti quel cretino. Lui è in torto e non tu!

Scendo dalla macchina, mi avvicino… Lo guardo: “Ma che cosa vuoi?

 

Continua… Scopri subito la quarta puntata!

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