Dal Brasile e Bologna: l’unica soluzione è ridurre gli sprechi

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La prima regola della sostenibilità, il concetto attorno a cui ha ruotato il summit Onu di Rio concluso pochi giorni fa, è non sprecare. Ma a volte gli sprechi sono nascosti, si moltiplicano perché sfuggono alla nostra attenzione. Per portarli alla luce sono nate le camapgne di last minute market, spin off della Facoltà di Agraria di Bologna che hanno ottenuto l’appoggio dell’Unione europea.

 

Rio

Nel 2012 l’obiettivo è l’abbattimento degli sprechi energetici. In questo campo è stato fatto molto : abbiamo cambiato buona parte delle lampadine di casa mettendo quelle ad alta efficienza e quando compriamo  un elettrodomestico  guardiamo la tabella che indica  i consumi dell’apparecchio, perché sbagliare vuol dire far salire la bolletta elettrica.

Ma ci sono ancora aspetti di cui si parla poco  e la campagna ” Un anno contro lo spreco. 2012: l’energia” li sottolinea. Ad esempio nei paesi occidentali  una percentuale fra il 10 e il 30%  del consumo totale di energia è imputabile  alle filiere agroalimentari. In Italia la perdita energetica attribuita al solo spreco di cibo è pari al circa 3% della produzione nazionale: corrisponde al fabbisogno di un milione 650 mila persone.

 

Salviamoli

Correggere questi errori non è impossibile : basterebbero acquisti più mirati e politiche governative  meno ondivaghe.  Secondo stime dell’Enea, poi, l’adozione di misure  di efficienza energetica  e il rilancio delle energie rinnovabili  potrebbero garantire non meno di 11 milioni di tonnellate  equivalenti di petrolio, pari al 56,5%  dei consumi del settore alimentare.

energie alternative

Per ridurre gli sprechi anche la dieta conta perchè, a livello planetario, il 70% dei consumi di acqua dolce  è impiegato nel settore agricolo. Ci vogliono circa 3.600 litri al giorno per una alimentazione  a base di carne, mentre ai vegetariani ne bastano 2.300: ogni chilo di carne di manzo ci costa circa 16 mila litri di acqua. In un anno la dieta mediterranea utilizza  poco più di 1.700 metri cubi d’acqua  pro capite contro i 2.600 metri cubi di quella anglosassone.

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